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Non amavo molto stare al centro dell’attenzione. Anzi, diciamo pure che lo odiavo. Odiavo avere tutti gli sguardi puntati addosso, perché odiavo che la gente si facesse gli affari miei. Odiavo poi il fatto che potessero parlare di me perché, si sa, le voci girano e cambiano ogni volta che cambiano bocca. Per questo mi limitavo sempre a stare più o meno in disparte, e a tenere per me tutto quello che facevo, che fosse stato un ragazzo o semplicemente quello che facevo durante i pomeriggi liberi. Ma con Potter seduto al tavolo dei Serpeverde, beh, tutto quello che avevo sempre odiato era inevitabile. Eppure, stranamente, la cosa non mi dispiaceva. Alcuni sguardi erano sì curiosi di sapere che diavolo ci facesse un Grifondoro seduto accanto a me, ma la maggior parte, quelli delle ragazze, erano sguardi carichi d’invidia. Adoravo essere invidiata, sapete? Certo, non è una bella cosa, ma insomma, se fossi stata buona, gentile e carina, e anche un po’ stupida, sarei finita tra i Tassorosso. Avevo passato circa metà della mia vita, ed avendo quindici anni era parecchio, ad invidiare ogni singola persona ad Hogwarts. Loro non lo potevano immaginare, perché non facevo trasparire determinate – anzi nessuna - emozioni, ma avevo sempre invidiato chi avesse una bella famiglia, legata e piena d’amore. Avevo invidiato anche chi veniva amato o semplicemente chi provasse dei sentimenti. Perché io mi sentivo spenta, impassibile, come se fossi stata consumata. Avevo dato troppo a chi non meritava, quindi perché ripetere l’errore? Quel giorno però mi sentivo parecchio soddisfatta. Non era la prima volta che un ragazzo mi degnasse di attenzione, quelli erano molti – ero consapevole della mia bellezza, ma non ne facevo un vanto. Ma era una delle poche volte in cui io gli stavo dando corda. E poi stavamo parlando di James Potter, non di uno qualunque. Stavo parlando con uno dei ragazzi forse più fighi della scuola, uno di quelli che grazie al suo modo di fare era capace di sciogliere una ragazza solo con lo sguardo. Aveva parecchie pretendenti al castello e lui ne era consapevole. Perché era il solito Grifondoro sicuro e pieno di sé, insomma l’esemplare perfetto di quella casata. Soprattutto molto diverso da me, forse l’unica cosa che avevamo in comune era avere il sangue puro. Ma forse proprio per questo due persone posso andare d’accordo, perché si è diversi. Credevo che non avrei mai potuto sopportare una persona simile a me. Non avrei retto tutti quei difetti che ero consapevole di possedere. Si dice che gli opposti si attraggono, ed io credevo che fosse vero. In quel modo due persone totalmente diverse andavano a completarsi. L’anima gemella, la metà della mela e altre cavolate varie. Ma tutto questo era fin troppo serio e profondo per quella situazione. Quanto a Potter, gli rivolsi un sorriso sghembo che diede al mio volto un’aria da furbetta. Avevo deciso di stare al gioco, perché per di quello si trattava al momento, poi chissà. Una delle tante cose che adoravo di me stessa, era l’essere con i piedi per terra. Non passavo il mio tempo a fantasticare su come sarebbe stata la mia vita se avessi fatto una cosa, piuttosto che un’altra. Accettavo la realtà così come mi veniva offerta e non programmavo nulla, perché sicuramente qualcosa sarebbe andato storto. Finalmente i piatti si riempirono, avevo una fame assurda quel giorno. Ma qualcosa mi disse che non sarebbe stato facile mangiare, con Potter affianco.
Puoi dirlo forte.
Risposi con tono da persona molto sicura di sé alla sua affermazione sull’essere fortunato. Diedi una rapida sistemata ai miei lunghi capelli, togliendoli dal viso e portandomeli di lato, prima di poter finalmente riempire il piatto. Ma le parole di James mi fermarono, cariche di insolenza. Fossi stata una ragazzina qualunque, a quel suo apprezzamento, avrei risposto con un sonoro schiaffone ed avrei cambiato posto. Avevo visto persone farlo, eh. Invece io mi sentivo particolarmente lusingata. Scusate, fare complimenti alle gambe non era come fare complimenti agli occhi? Sempre si trattava di una parte del proprio corpo, fin quando non erano volgari, erano pur sempre complimenti. Allora sorrisi soddisfatta e lasciai che Potter mi servisse il petto di pollo, come aveva deciso lui.
Hai ragione, il troppo storpia.
Dissi ironica, e comunque preferivo davvero il petto. Avrei potuto mangiarlo tranquillamente, senza finire col sembrare una selvaggia. Aspettai che anche lui si riempisse il piatto, così da poter cominciare a mangiare insieme. Presi coltello e forchetta per affettare il petto di pollo e poter mangiarne il primo pezzettino.
Nessuno, Potter, sei l’unico devo ammetterlo. E sai potrei approfittarne.. Quando potrà mai capitare di nuovo di essere imboccata da te?
Usai un tono provocatorio, quindi, posai forchetta e coltello che avevo precedentemente sollevato, come segno che non avrei fatto un bel nulla quel giorno. Ma sì, diamo spettacolo, ormai.. James mi fece notare Regulus che ci osservava dall’altro lato del tavolo, agitai la mano in segno di saluto e gli sorrisi. Evidentemente Potter non gli andava a genio e si stava domandando che diavolo stessimo combinando, visto che tutti ci osservavano. Ma gli feci segno che era tutto okay.
Oh, tranquillo, pensava solo di farti fuori, ma gli dirò che non ne vale la pena. – Scherzai. - E, per la cronaca, è solo un mio amico.
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